Ma siamo poi così sicuri che andare via ... sia un atto di coraggio?
Io non sono sicuro che i coraggiosi siano quelli che vanno via, anzi.
Ci sono storie che mi fanno pensare che i veri coraggiosi siano invece quelli che restano.
Voglio fare tre esempi di chi ha deciso di rimanere, dando una speranza in più a chi vuole continuare a credere in un futuro possibile...
La prima storia è quella di Giorgio, professione imprenditore. Faceva il musicista, ma alcuni anni fa suo padre morì e lui fu costretto a prendere in mano le redini dell’impresa di famiglia, una fabbrica di scarpe con quaranta dipendenti e difficoltà immense nella gestione. Poteva liquidare tutto e continuare a fare il musicista, ma quelle quaranta famiglie? E i sacrifici fatti da suo padre? Era più coraggioso vendere tutto e andare via o avere rispetto di chi aveva costruito e di quelle famiglie che avevano creduto in quella impresa? Lui ha pensato che bisognava continuare e le difficoltà non sono mancate, fra dipendenti infedeli che rubavano e mafiosi che chiedevano il pizzo. Sì, forse era più facile chiudere tutto e aprire a New York o a Milano, e magari passare anche per figo o coraggioso, ma Giorgio ha deciso di restare e di combattere quel sogno di una Palermo normale, di una impresa possibile, preferendo soprattutto non guardare soltanto al suo futuro, ma a quello dei suoi dipendenti. Sì, per me lui è un coraggioso...
... Paolo, disoccupato. Appena laureato comincia ad inviare curriculum a tutti, voleva trovare un’occupazione, meglio se in qualche modo vicina al suo titolo di studi, al suo 110 e lode in Economia e commercio. E così viene assunto (senza raccomandazione) da una multinazionale che si occupa del noleggio di film e videogiochi, con qualifica da responsabile d’area. Tre anni di lavoro intenso e produttivo ma la concorrenza delle pay tv manda in crisi la multinazionale. Tagliati decine di posti di lavoro e così anche il suo e quello di sua moglie. Doveva andare via? Cercare fortuna fuori? No, lui decide di restare perché anche a Palermo si deve potere trovare un lavoro. Una scelta difficile, magari sbagliata, ma a lui piacerebbe che suo figlio possa sperare in questa città.
Quello che voglio dire è che non è andando a Milano o a New York che si dimostra coraggio. Il coraggio è di chi resta in questa città vicina al fallimento, in questa città dove mancano i servizi, dove le tasse ti strangolano, dove la mafia non ti dà respiro, dove la normalità resta un concetto astratto. Dove per rimanere ci vuole coraggio.
Nessun commento:
Posta un commento